Ho incontrato di
recente – come si dice: meglio tardi che mai – Romain Gary attraverso un suo
piccolo capolavoro La vita davanti a sé.
In vero è stata la mia amica Daniela a presentarmelo.
Era da tempo che non
mi capitava di stupirmi, incantarmi, commuovermi e divertirmi con un romanzo
scritto mirabilmente. Essendomi del tutto sconosciuto non sapevo cosa
aspettarmi, non avevo letto neanche i risvolti di copertina, invece l’ho
terminato con il desiderio che non terminasse e l’esaltazione della scoperta.
Della bella scoperta.
Quindi ho iniziato un
altro dei suoi romanzi La promessa dell’alba,
tutt’altro genere, autobiografico, sempre bella scrittura però. E oggi, nella
sala d’aspetto del dentista, ho trovato esplicato, nelle sue pagine, un pensiero
che medito da tempo: la consapevolezza dell’imperfezione. O semplicemente,
crudamente la Consapevolezza. Che se non aiuta a vivere bene di certo preserva
dal ridicolo e dalle cocenti delusioni.
Enrico Rastelli, giocoliere |
A circa dieci anni,
dopo aver fallito in vari campi (musica, canto, danza etc.) Romain prova a fare
il giocoliere.
Lanciavo arance, piatti,
bottiglie, anche scope, tutto quello che mi capitava sotto mano; il mio bisogno
di arte, di perfezione, il mio gusto per l’impresa meravigliosa e unica,
insomma la mia sete di successo trovava in quello un umile, ma fervido mezzo d’espressione.
Mi sentivo sulla soglia di un regno spettacoloso, verso il quale tendevo con
tutto il mio essere: il regno dell’impossibile raggiunto e realizzato. (…)
Purtroppo anche lì, mentre mi vedevo già destinato all’avvenire più brillante,
in grado di mantenere mia madre nel lusso grazie al mio talento, una realtà
brutale a poco a poco s’impadronì di me. Non riuscivo a superare le sei palle.
E sì che ho provato, lo sa Dio quanto ho provato!.
A
quel tempo mi esercitavo sette o otto ore al giorno. Sentivo confusamente che
la posta in gioco era importante, di un’importanza capitale; che mettevo in
gioco tutta la mia vita, tutti i miei sogni, tutto il mio essere; che si
trattava di raggiungere o meno la perfezione. Ma avevo un bel darmi da fare, la
settima palla continuava a sfuggirmi di mano. Il capolavoro restava
irraggiungibile, eternamente latente, eternamente presentito, ma sempre fuori
portata. (…) Ma l’ultima palla è sempre rimasta al di fuori della mia portata.
Mai la mia mano è riuscita ad afferrarla. Ci ho provato tutta la vita. Solo
alle soglie della quarantina, dopo aver vagato a lungo in mezzo ai capolavori,
si fece strada in me la verità poco a poco, e capii che l’ultima palla non
esisteva.
E’
una triste verità e non bisogna rivelarla ai bambini. Ecco perché questo libro
non può andare in mano a tutti.
Oggi
non mi stupisco perché Paganini buttasse via il violino e restasse per anni
senza toccarlo, sdraiato con lo sguardo nel vuoto. Non mi stupisce, lui sapeva.
Quando
vedo Malraux, il più grande di tutti noi, giocare con le sue palle come pochi
hanno saputo fare prima di lui, il cuore mi si strige di fronte alla sua
tragedia che porta scritta in viso anche in mezzo alle sue brillanti affermazioni:
l’ultima palla resta fuori postata e tutta la sua opera è imperniata su questa
certezza angosciosa.
D’altronde
sarebbe tempo di dire la verità sul caso Faust. Tutti hanno mentito
spudoratamente in proposito, Goethe più degli altri, con più genio, per
camuffare la faccenda e nascondere la dura realtà. E forse non dovrei dire
neanche questo, perché se c’è una cosa che non mi piace fare è togliere agli
uomini la speranza. Dopotutto la vera tragedia di Faust non è di aver venduto
la sua anima al diavolo. La vera tragedia è che non ci sia un diavolo che
voglia la sua anima. Non c’è nessuno che la prenda. Nessuno che venga ad
aiutarvi a prendere l’ultima palla, qualunque sia il prezzo che siete disposti
a pagare. C’è sì tutta una sequela di trafficanti che si danno un sacco di arie
e che si dicono disposti a comperare, e non dico che non ci si possa mettere d’accordo
con un certo guadagno. Si può. Vi offrono successo, denaro, l’adulazione delle
folle. Ma è tempo sprecato, e quando ci si chiama Michelangelo, Goya, Mozart,
Tolstoj, Dostoevskij o Malraux, forse si muore con la sensazione di aver fatto
dell’artigianato. Detto
questo, io continuo, ben inteso, ad allenarmi.
(da Romain Gary, La promessa dell'alba, Neri Pozza Editore)
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